lunedì 27 marzo 2017

La mia Pastilla marocchina per il Club del 27

Il nuovo progetto di Alessandra, il Club del 27, si sta rivelando sempre più interessante e coinvolgente e perfettamente rispondente agli intenti della sua ideatrice, perché il piacere di cucinare insieme, sia pure a distanza, è autentico e condiviso.
Questa volta, il tema è rappresentato da Timballi, Torte e Pies da tutto il mondo, un universo di preparazioni accomunate dal fatto di essere in crosta.
Quando ho visto l'elenco delle ricette proposte, non ho avuto un attimo di esitazione: avrei fatto la pastilla marocchina, che, da quando l'avevo mangiata a Marrakesh, mi era rimasta nel cuore. E sapevo che, seguendo la ricetta di Eleonora, che in Marocco ha vissuto per quattro anni, potevo contare sulla fedeltà all'originale.
Si tratta di un piatto solo in apparenza semplice, dove è fondamentale il dosaggio delle spezie ed il giusto equilibrio tra dolce e salato. Io ho diminuito la quantità di pollo, perché ho usato uno stampo un po' più piccolo, ma ho lasciato inalterate le dosi delle spezie, ipotizzando (ed il risultato mi ha dato ragione) che le spezie usate da Eleonora avessero un gusto più intenso.
Con l'incoscienza che mi contraddistingue in cucina, l'ho preparata per degli ospiti che mi hanno fatto da cavie. Sembra che abbiano gradito e mio marito ha detto che era addirittura migliore di quella che avevamo mangiato in loco. Son soddisfazioni...

Pastilla marocchina

Per lo strato di pollo

Fusi di pollo                           1,5 k
Olio evo                                  50 ml
Cipolle rosse                          1 e 1/2
Aglio                                      3 spicchi
Zenzero in polvere                 1 cucchiaino (io fresco)
Pepe nero di mulinello           1 cucchiaino 
Coriandolo in polvere            1 cucchiaino
Curcuma                                1 cucchiaino
Pistilli di zafferano                un bel pizzico
Cannella in polvere               1/2 cucchiaino
Uvetta                                    2 cucchiai
Uova                                       5
Sale

Per lo strato di mandorle

Mandorle pelate                      150 g
Zucchero                                 30 g
Cannella                                  1 cucchiaino
Olio evo                                  1/2 cucchiaio
Acqua di fior d'arancio           1 cucchiaio

Inoltre

Pasta fillo                                8 fogli
Olio evo                                  120 ml
Zucchero a velo e cannella per spolverare

Tritare l'aglio e la cipolla e rosolarli nell'olio, finché diventano trasparenti. Aggiungere le spezie e cuocere ancora per un minuto. Aggiungere i fusi di pollo e rosolarli per qualche minuto. Coprire il pollo con un litro d'acqua, salare (tenersi un po' indietro col sale, perché, poi, il brodo, restringendosi, diventerà molto sapido) e portare ad ebollizione; incoperchiare e far cuocere a fuoco basso, fino a che la carne si stacca dalle ossa. Filtrare il brodo e rimetterlo su fuoco vivace, per farlo restringere; si dovranno ottenere circa 200 ml di brodo ristretto. Disossare il pollo e, con un trinciante, tritarlo abbastanza finemente.
Sbattere le uova ed unirle al brodo ristretto ormai freddo; rimettere su fuoco dolce e, sempre mescolando con una frusta, far addensare fino ad ottenere una crema. Nella malugurata ipotesi che dovessero formarsi dei grumi, basta qualche colpo di minipimer per risolvere il problema.
La ricetta di Eleonora prevedeva che le mandorle andassero fritte nell'olio, ma io, nell'intento di alleggerire almeno un po' la preparazione, mi sono limitata a tostarle in forno, fino ad averle belle dorate.
Frullare grossolanamente le madorle tostate e ben fredde, insieme allo zucchero e alla cannella; aggiungere l'olio e l'acqua di fior d'arancio.
Prendere una teglia di 24 cm di diametro, adagiarvi un foglio di pasta fillo, facendo in modo che i lembi strasbordino dalla teglia; spennellare con l'olio e adagiarvi sopra un altro foglio di pasta. Ripetere l'operazione, fino ad avere un "guscio" formato da 5 fogli. Distribuire sul fondo un terzo del composto di uova. mescolare un altro terzo di crema di uova al pollo sminuzzato, aggiungere l'uvetta ammollata e strizzata e distribuire il tutto nella teglia. Coprire con il resto della crema e finire con le mandorle tritate. Richiudere sul ripieno i lembi di pasta. Coprire con altri 3 fogli di pasta fillo, sempre spennellati d'olio e rincalzarli lungo il bordo della teglia. Dare un'ultima spennellata di olio.
Infornare a 200 gradi per circa 20 minuti. Spolverizzare con zucchero a velo e cannella e far riposare la pastilla per una quindicina di minuti, prima di servirla. Io l'ho accompagnata con dei piselli.




lunedì 20 marzo 2017

La vignarola


Ci tenevo molto a presentare una seconda proposta per l' MTC n.64, perché mi sembrava il modo giusto per rendere onore a Giuliana, una persona che conosco da poco, ma che apprezzo tantissimo. Eppure, ho rischiato di non farcela, un po' per questioni di tempo, un po' perché ero un tantino confusa riguardo al regolamento, nella parte relativa alle terrine di verdure e un po' perché ho dovuto faticare  a trovare gli accompagnamenti giusti.
Il punto di partenza sono state le verdure di stagione, e quale preparazione più della vignarola include le principali verdure primaverili? 
La vignarola, per chi non lo sapesse, è un piatto laziale fatto di carciofi, piselli, lattuga e fave fresche, stufate con cipollotti e guanciale, a cui si aggiunge il tocco fresco della mentuccia.
Io ho scelto di usare le foglie di lattuga sbollentate per rivestire la terrina, ma, forse, avrei fatto meglio ad usare delle fette di guanciale, perché la lattuga mi ha creato qualche problema al momento di tagliare le fette.

Terrina vignarola

Fave fresche                              2 k
Piselli freschi                            1 k
Carciofi                                     4
Lattuga                                      1
Cipollotti freschi                       4
Aglio                                         1 spicchio
Guanciale                                  150 g
Olio evo                                    3 cucchiai
Gelatina in polvere                   4 cucchiaini
Sale
Pepe

Sgranare piselli e fave. Sbollentare le fave e sgusciarle. Tritare i cipollotti e tagliare a dadini il guanciale. Mettere in una casseruola metà dei cipollotti, un terzo del guanciale ed un cucchiaio d'olio; rosolare, fino a che la cipolla diventa trasparente; aggiungere i piselli, salare, pepare e portare a metà cottura. In un'altra pentola, fare lo stesso con le fave.
Mondare i carciofi e tagliarli a metà; rosolare l'aglio col resto del guanciale in un cucchiaio d'olio e cuocere i carciofi.
Sbollentare le foglie di lattuga, asciugarle su un canovaccio pulito e usarle per rivestire la terrina, precedentemente unta con un po' d'olio, avendo cura di far debordare le foglie.
Distribuire i piselli sul fondo della terrina, e spolverizzarli con un cucchiaino di gelatina. Posizionare i mezzi carciofi sopra i piselli e spolverizzare anch'essi con un cucchiaino di gelatina.
Infine, fare un ultimo strato con le fave, spolverizzare di gelatina e richiudere i lembi delle foglie, in modo da chiudere la terrina. Probabilmente, sarà necessario aggiungere un altro paio di foglie, per sigillare bene. Spolverizzare con l'ultimo cucchiaino di gelatina. Ungere il coperchio della terrina e metterlo in posizione. Cuocere la terrina a bagnomaria in forno già caldo a 180 gradi, fino a che la temperatura al cuore avrà raggiunto i 65 gradi. Una volta cotta, coprire la terrina con un foglio di alluminio unto con un po' d'olio, poggiarci un peso sopra e lasciarla in frigo per tutta la notte.
Come accompagnamenti, ho preparato un olio alla menta, ottenuto frullando semplicemente delle foglie di menta (la mentuccia non è stato possibile reperirla) con dell' olio extravergine d'oliva e degli anelli di cipolla immersi in una pastella di acqua, farina e curry e poi fritti.





giovedì 16 marzo 2017

Terrina ischitana



Per questo MTC n. 64 devo ringraziare due persone. Innanzitutto, Giuliana per aver proposto come tema le terrine, una preparazione che mi ha sempre attirata, ma che, chissà perché, non avevo mai provato a realizzare. Forse la cosa più vicina ad una terrina che abbia mai preparato è il Rifreddo, nel quale, però, la carne ed il prosciutto cotto sono a fette e non tritati.
La seconda persona da ringraziare è il mio fido macellaio, che, anche stavolta, mi ha seguita, provvedendo a disossarmi il coniglio e a macinarne le carni con la pancetta. Si, stavolta, nonostante i discorsi sul blog "con i peli sul petto" fatto da Patty, ai tempi della sfida sul pollo ripieno, non me la sono sentita di giocare all' allegro chirurgo, sia perché, nel caso del pollo, avevo le dettagliatissime istruzioni di Patty a fare da guida e disossare un coniglio non è la stessa cosa di un pollo (ma va'...), sia perché, non avendo un tritacarne, sarei comunque dovuta ricorrere ad Antonio, quindi, tanto valeva la pena far fare tutto a lui. 
Perché proprio il coniglio? A questo punto della sfida, ho già visto un certo numero di terrine realizzate con questa carne, ma, per me, si è trattato di una scelta quasi obbligata, la imponevano i miei 23 cromosomi ischitani. E, quindi, le aromatizzazioni che ho usato sono quelle del coniglio all'ischitana e, poiché quella ricetta classica prevede l'impiego del pomodoro e l'accompagnamento di patate fritte, i miei complementi sono stati una mousse di pomodoro e delle patate duchesse. 
Che dire? Mia nonna, probabilmente, sarebbe rimasta un tantino perplessa davanti a questa mia interpretazione, ma noi ne siamo rimasti entusiasti!

Terrina di coniglio all'ischitana

Coniglio disossato                       450 g
Fegato di coniglio                       1
Rognoni di coniglio                     4
Pancetta stesa                            200 g
Vino bianco                                 100 ml
Pinoli                                           2 cucchiai
Cipolla                                        1 piccola
Aglio in camicia                          2 spicchi
Burro                                          una noce
Origano
Timo
Rosmarino
Sale

Mettere le ossa del coniglio in un largo tegame e tostarle a fiamma vivace. Quando saranno ben colorite e caramellizzate, sfumare col vino. Aggiungere nel tegame il grasso che si trova intorno ai rognoni, la noce di burro, la cipolla tritata, gli spicchi di aglio e il rosmarino e cuocere fino a che la cipolla diventerà trasparente. Coprire con un bicchiere d'acqua e far restringere il fondo di cottura a circa due cucchiai.
Tostare i pinoli in un padellino.
Passare al macinacarne il coniglio (meno un pezzo che andrà tritato a coltello), insieme a 50 g di pancetta, Mettere in una ciotola la polpa di coniglio tritato al macinacarne e quello tritato a coltello, il timo, l'origano, i pinoli tostati e l'aglio privato della camicia, finemente tritato; salare. (Io ho seguito il consiglio di prendere una pallina d'impasto e cuocerla rapidamente in un padellino, per controllare che fosse giusto di sale).
Rivestire la terrina (la mia è di 18 cm) con le restanti fette di pancetta, facendole debordare. Mettere sul fondo della terrina un terzo della polpa, disporvi sopra due dei rognoni tagliati a metà e una parte del fegato tritato. Ripetere per formare un altro strato. Completare con l'ultimo terzo di polpa, pressare con le mani e ripiegare i lembi debordanti di pancetta sul ripieno, in modo da coprirlo completamente. Incoperchiare con l'apposito coperchio forato e cuocere in forno caldo a 180 gradi, fino a quando la temperatura al cuore della terrina sarà arrivata a 80 gradi. Nel mio caso, c'è voluta un'ora e 10 minuti.

Patate duchesse

Patate                                 500 g
Burro                                  30 g
Sale

Lessare le patate a vapore e passarle allo schiacciapatate. Aggiungere il burro e il sale. far asciugare il purè sul fuoco per qualche minuto, mescolando in continuazione. Metterlo in un sacca da pasticceria munita di bocchetta spizzata e deporre piccoli quantitivi su una placca da forno, rivestita con l'apposita carta. Infornare a 200 gradi, fino a che appariranno dorati.
Mousse di pomodoro

Passata di pomodoro   150 g
Panna fresca                100 g
Gelatina in fogli             2 g
Sale
Origano   

Mettere la passata in una ciotola di vetro o di terracotta,aggiungere origano e sale, sigillare con pellicola da microonde ed infornare alla massima potenza per 5 minuti. Ammollare la gelatina in acqua fredda, strizzarla molto bene e scioglierla in 100 g del sugo di pomodoro tiepido.
Quando il pomodoro sarà quasi freddo, semimontare la panna ben fredda; con una spatola, incorporare il pomodoro. Mettere la mousse in frigo per 15 minuti. Trascorso questo tempo, mettere la mousse in una sacca da pasticceria, munita di bocchetta spizzata. Depositare qualche ciuffo di mousse sul piatto, alternandoli alle patate duchesse.       







venerdì 3 marzo 2017

Le paposce vichesi

Ho parlato in altre occasioni del gruppo Facebook di Paoletta e Adriano, che, per me, è e rimane  il riferimento imprescindibile in tema di lievitati. In quel gruppo, so di poter trovare, in qualunque momento, ispirazione, ricette, consigli e chiarimenti. Sono ben lontana dalla bravura di molti degli iscritti a quel gruppo, ma i lievitati mi affascinano e, nel mio piccolo, mi piace cimentarmi con essi.
Avevo da tempo adocchiato un pane, postato da Marica, e che in tanti avevano rifatto con successo. Non sembrava complicato e, finalmente, mi son decisa a provarlo. Adesso mi pento di non averlo fatto prima, perché è davvero semplice e veloce, oltre ad avere una bella alveolatura a buchi grossi, come piace a me. 
Sto parlando delle paposce vichesi, un pane tipico di Vico sul Gargano. In passato, si usava impiegare un po' dell'impasto delle pagnotte grandi per controllare che il forno avesse raggiunto la giusta temperatura. In pratica, si prendeva un pezzo d'impasto, lo si tirava, formando delle strisce che poi venivano cotte: sono nate così le paposce, che, successivamente, da test per il forno, hanno acquisito una loro dignità individuale, diventando molto diffuse in tutto il Gargano, sia semplici che variamente farcite.
A Napoli, il termine paposcia non è molto elegante, dal momento che designa l'ernia inguinale, ma ho letto che paposcia deriva da babuccia (con riferimento alla forma stretta e allungata di questo pane). Questa etimologia ci allontana dall'ambito urologico, per portarci in quello calzaturiero, giustamente apparentando questo pane alla ciabatta, che gli è effettivamente molto simile.

Paposce Vichesi


 Lievitino
 Farina 0                         62,5 g
 Acqua                            62,5 g
 Lievito                           2,5 g

Preparare il lievitino e attendere il raddoppio.

Ingredienti

 Farina 0                         300 g
 Farina di semola           100 g
 Acqua                            250 g
 Olio evo                        1 cucchiaio
 Sale                               8g


Appena preparato il lievitino mettere dentro la ciotola della planetaria le farine setacciate e aggiungere 200 g di acqua (autolisi).
Quando il lievitino è pronto versarlo sulla massa autolitica, iniziare ad impastare e gradualmente aggiungere la rimanente acqua (50 g), con l'ultimo inserimento di acqua mettere anche il sale. Compattare l'impasto e aggiungere l'olio a filo. Impastare fino ad incordatura ( 15/20 min. )
Arrotondare e lasciar riposare a campana per 15 min.
Fare un giro di pieghe a tre e dopo 30 min. mettere in ciotola coperta e far lievitare in luogo tiepido.
Al raddoppio versare l'impasto sulla spianatoia cosparsa di semola e dividere in pezzi da 200 g, allungarli prendendo l'impasto da sotto e accendere il forno a 250 gradi.
Quando la temperatura sarà raggiunta infornare (possibilmente su pietra refrattaria) e cuocere per 15 minuti.